The dry leaves Washed down the Side of the street, Scraping the Illusions of their Separateness.
The sky Weeping, Wailing like a Plucked blues Guitar,as his soul Soul curled in The corner of The room Like a cat.
The blinds Flapping Rhythmically In the breeze To the sound Of jumping Bass and horns Of some obscure 50's Jazz record, As the needle Hissed and Scratched Like a guilty Conscience.
While the Cajun crawfish Sizzled in the pan; The aroma of Cayenne pepper, Mushrooms,and Bay leaves wafted And mingled With the cheap Perfume The brunette Wore.
As she Lingered On the bed In her silk Slip,blowing Cigarette Rings in The air, Trying to Avoid Smudging Her thickly Painted Lipstick; As she played With her Bra strap, Occasionally Glancing At her Watch.
The rapping Rain punctuating The silence,as the Afternoon became Pregnant with Possibilities; Both sanguine, And cynical At the Same Time.
They were There,yet They weren't; They inhabited The same room, Inhabited the Same space, Under the same Creaking Ceiling Fan.
In this seedy Room,in this Seedy town, In this seedy World;frequently Sharing each Other's bodies; Attempting To unify their Souls.
Yet,he felt The reality Of his solitude, Embraced The monastic Journey of his Soul; for only By accepting The truth was He finally set Free.
As the dry leaves Washed down the Side of the street, Waking them From their Revery: Scraping Away the Illusion of their Separateness.
He Pondered The possibilities Of his new choices; For he realised That he was not Born into this world, But came out of this World.
Like the trees, The Flowers, Or the leaves That wash down The side of the street; On this Cajun Scented Afternoon.
Il leasing abitativo è una formula che potrebbe essere impiegata non solo a favore di chi deve acquistare la casa, ma anche di chi potrebbe perderla per morosità nel pagamento della rate di un mutuo. Un obiettivo di grande rilevanza sociale che può contribuire a ridurre le perdite delle banche.
Le sofferenze per l’acquisto di case
La Banca d’Italia ha censito 25,5 miliardi di euro di crediti deteriorati concessi alle famiglie per l’acquisto di abitazioni. Di essi, 15,5 miliardi sono classificati come sofferenze mentre per altri 8 miliardi i mutuatari possono diventare inadempienti in futuro. Se consideriamo dati non riferiti ai soli acquisti di abitazioni, vediamo che per 6 miliardi di euro dell’intero importo delle sofferenze, il valore medio del debito è di 7.500 euro, per 8 miliardi di 44mila mila euro e per altri 8 miliardi di 88mila euro. Non è allora irrealistico stimare a 50mila euro il valore medio del debito non pagato per l’acquisto di abitazioni. Sono, quindi, circa 300mila le famiglie la cui casa è stata pignorata o rischia di esserlo. I fondi d’investimento sono disposti ad acquistare i crediti deteriorati pagandoli intorno al 20 per cento del valore di libro, una percentuale pari alla metà di quella alla quale le banche sperano di poterli vendere senza accusare ulteriori gravi perdite. Se riuscissero a vendere al 40 per cento le sofferenze per l’acquisto di abitazioni, le banche potrebbero incassare 6 miliardi di euro. Ognuna delle famiglie che ha smesso di pagare il mutuo rischia di perdere la casa per una sofferenza che vale per la banca 20mila euro, una cifra relativamente modesta per una conseguenza così drammatica.
Un’alternativa all’esecuzione immobiliare
Il rischio che molte famiglie corrono di perdere l’abitazione si potrebbe ridurre attraverso la costituzione di un fondo d’investimento, sul modello di Atlante (o bad bank di settore, sull’esempio della Sareb spagnola), che recuperi l’investimento fatto per l’acquisto delle sofferenze non attraverso le procedure di esecuzione immobiliare bensì adattando allo specifico contesto il leasing abitativo, disciplinato dalla legge di stabilità 2016. Abbiamo già ipotizzato il ricorso a questo strumento per evitare ai mutuatari più deboli le conseguenze del decreto legislativo 72/2016. In breve, il fondo dovrebbe diventare proprietario della quota di ogni singola abitazione che corrisponde alla percentuale dell’importo della sofferenza pagato alla banca sul valore stimato dell’immobile. La quota acquisita viene data in leasing al nucleo familiare che già lo abita e possiede la restante parte della proprietà (che resta soggetta a pignoramento, in caso di inadempienza del contratto di leasing). Il leasing potrebbe avere una durata decennale. Poiché l’importo dell’operazione è relativamente basso, i canoni del leasing sono molto più sostenibili delle rate del mutuo. Per le famiglie l’operazione può essere resa ancora più agevole applicando le agevolazioni previste dalla legge di stabilità. È possibile, infatti, detrarre dall’Irpef il 19 per cento dell’importo sia dei canoni (fino a 8mila euro l’anno) pagati per tutta la durata del contratto sia della rata finale di riscatto (massimo 20mila euro). Se si prevede il pagamento di una quota consistente dell’importo complessivo (relativamente modesto, è bene ricordarlo) proprio con l’ultima rata, si dà tempo al proprietario di rafforzare la sua condizione economica e si riduce l’importo dei canoni periodici. A beneficiare dell’opportunità dovrebbero essere i proprietari di abitazioni principali.
Un fondo per il leasing salva-case
Della promozione del fondo d’investimento potrebbe essere incaricata la Cassa depositi prestiti, che potrebbe intervenire direttamente con il Fia (Fondo investimenti per l’abitare), costituito insieme a Stato e fondazioni bancarie, per operare nel settore dell’edilizia residenziale sociale. La dotazione del fondo, pari a 6 miliardi di euro, può essere raccolta con l’emissione di titoli che abbiano le caratteristiche richieste per essere coperti dalla garanzia statale, negoziata con la Commissione europea. La probabilità che, alla fine, anche solo una quota dell’importo totale delle garanzie possa pesare sul bilancio dello Stato è molto bassa. Anche se un certo numero di beneficiari dell’operazione non dovesse farcela a onorare il contratto di leasing, resta sempre la possibilità di far valere le ipoteche poste sugli immobili, che sono generalmente d’importo superiore al debito non pagato. I titoli possono essere offerti a investitori professionali: fondi di pensioni, casse di previdenza di ordini professionali, compagnie di assicurazioni, fondazioni bancarie. L’operazione potrebbe rappresentare, oltre che un buon affare a basso rischio per i sottoscrittori delle obbligazioni, anche la salvezza per decine di migliaia di famiglie.
Exclusif : Les trois religieuses présentes dans l’église où a été assassiné le père Jacques Hamel se sont confiées à l’envoyée spéciale de La Vie. Elles racontent l’indicible.
Des jeunes turbulents qui squattent leurs escaliers et promettent, dans le même temps, de surveiller leur voiture. Anciennes éducatrice pour enfants, professeure en lycée professionnel ou infirmière, ces trois sœurs de Saint-Vincent-de-Paul en ont déjà côtoyés lors de leurs missions respectives en Normandie, Bretagne, Nord et région parisienne. Être au cœur des quartiers difficiles et au plus près des démunis, c’est l’ADN de leur ordre depuis plus de cent cinquante ans. Mais des terroristes, les trois femmes, désormais aux cheveux blancs, n’auraient jamais songé en croiser sur leur chemin. Et surtout pas à Saint-Étienne-du-Rouvray, banlieue rouge de l’agglomération rouennaise, où retraitées, elles vivent en communauté avec une autre sœur. L’amitié entre musulmans et catholiques s’y pratique au quotidien : la paroisse Sainte-Thérèse, située vers le bas de la ville, a cédé un bout de terrain à la mosquée mitoyenne pour permettre à la communauté maghrébine d’avoir un chemin d’accès. Les jours de fête, elle accueille, sur sa pelouse, les fidèles restés dehors, qui en échange apportent des pâtisseries orientales.
Adel Kermiche, l’un des deux tueurs, a pourtant grandi dans la cité du Château-Blanc. Il aurait même pu fréquenter avec sa famille le « Vesti’amis », un vestiaire de vêtements qui n’est pas situé très loin, et que sœur Danielle Delafosse tient trois fois par semaine. Mais cette dernière, ainsi que les sœurs Hélène Decaux et Huguette Péron, feront sa connaissance dans de toutes autres circonstances. Présentes dans l’église du centre de Saint-Étienne-du-Rouvray quand, avec son acolyte, il a assassiné le père Jacques Hamel, les trois religieuses sont ses victimes et les témoins les plus directs du crime. À quelques encablures du lieu meurtrier, dans la petite maison en crépi crème de leur communauté, elles ont accepté de nous raconter la plus longue heure de leur vie.
Pour apporter un détail, donner une impression, tenter une analyse, les trois religieuses se coupent parfois entre elles. Mais jamais la haine ne surgit dans la conversation. Assises bien droites dans leur salle à manger couleur jaune soleil, ces trois sœurs courages, qui ne se quittent plus, sont entourées de bouquets de fleurs blanches apportés par des amis. Au mur, est accrochée une croix en métal. Sur la table, un appel à la prière nationale pour le 29 juillet, orné d’une photo du père Hamel en aube blanche. Sœur Danielle Delafosse, à qui on prête un « sacré tempérament », accuse le coup. Derrière ses lunettes cerclées, la septuagénaire exprime son émotion : « J’aimerais pouvoir superposer cette image à celle que j’ai de Jacques dans l’église. »
Ils avaient le style des terroristes qu’on voit à la télé. L’un portait un calot noir sur la tête et la barbe bien fournie. J’ai tout de suite compris.
Il est 9h30 mardi matin, quand l’indicible survient dans l’édifice religieux tout en vieilles pierres. Ce jour-là, le père Jacques Hamel célèbre la messe en petite compagnie. Sur les bancs en bois, les trois religieuses et monsieur et madame C., un couple de fidèles paroissiens âgés.« Les mamans portugaises étaient parties en vacances », expliquent-elles en chœur. La célébration de ce mardi matin n’est pas encore terminée, quand un jeune homme se présente pour demander des renseignements. « Avec son polo bleu ciel, je l’ai pris pour un étudiant. Il voulait savoir quand l’église était ouverte. Je lui ai dit de repasser dans dix minutes, après la messe », relate sœur Huguette avec son calme habituel.
Le jeune suit le conseil. Il revient plus tard. Mais cette fois il est accompagné d’un ami et habillé tout en noir. « Ils avaient le style des terroristes qu’on voit à la télé. L’un portait un calot noir sur la tête et la barbe bien fournie. J’ai tout de suite compris », se souvient sœur Hélène, l’infirmière du trio. « Ils étaient très énervés, poursuit sœur Huguette. Ils ont proféré une sorte de slogan en arabe puis nous ont reproché en français le fait que "nous les chrétiens nous ne soutenions pas les arabes". »
Soudain, la situation bascule dans l’horreur. Les agresseurs jettent tout ce qui se trouve sur l’autel pour poser leur sac et somment le prêtre de se mettre à genoux. Ils mettent une caméra dans les mains de Monsieur C. « Jacques leur a crié : "Arrêtez qu’est ce que vous faites ?" C’est là que l’un d’entre eux a porté le premier coup sur sa gorge. Je suis alors partie », se souvient Danielle, qui n’explique toujours pas son réflexe de survie. Dehors, la religieuse sonne l’alerte. Avant d’être mise en sécurité, elle arrête une voiture bleue, sans doute un véhicule d’EDF, et demande au conducteur d’appeler la police. Ce qu’il fera immédiatement.
J’ai eu le droit à un sourire du second. Pas un sourire de triomphe mais un sourire doux, celui de quelqu’un d’heureux.
À l’intérieur de l’église, la sombre tragédie continue. Les deux assassins semblent suivre méticuleusement leur plan. Ils plantent une deuxième fois leur arme blanche dans le cou du père Jacques, qui meurt très vite après. Avant aussi de blesser grièvement monsieur C., ils vérifient auprès de lui qu’il n’a pas fait bouger la caméra, que la scène macabre a bien été filmée. « J’ai vu sur l’écran l’aube blanche de Jacques avec la tâche rouge », détaille sans fard Huguette, placée alors derrière le « caméraman » improvisé. Alors que le père Jacques et monsieur C. gisent à terre, celui qu’elles appellent « le meneur » annonce aux trois femmes qu’il les garde en otages.« Ils nous tenaient chacune par l’épaule. L’un avait un pistolet. J’ai assez vite pensé qu’il était factice. Cela nous a été confirmé après. Celui qui me tenait avait aussi du sang sur les mains et un couteau qu’il aiguisait de temps en temps contre je ne sais quoi », rapporte Hélène, traumatisée au point de ne plus pouvoir voir un couteau sans frémir.
Le changement d’attitude des deux terroristes est alors manifeste. L’énervement et l’agressivité, dont les deux jeunes hommes ont fait preuve jusqu’à présent, se dissipent. « J’ai eu le droit à un sourire du second. Pas un sourire de triomphe mais un sourire doux, celui de quelqu’un d’heureux », constate Huguette encore étonnée deux jours après le drame. Sœur Hélène, 83 ans, et madame C., âgée aussi de plus de 80 ans, demandent à s’asseoir. L’un des deux tueurs accepte. « Je lui ai aussi demandé ma canne. Il me l’a donnée », précise Hélène. Entre les bourreaux et les femmes captives, s’ensuit une conversation totalement surréaliste et aux accents pseudo-théologiques.
Les tueurs ont-ils tenté de convertir les religieuses à l’islam ? On pourrait le croire. Il est ainsi demandé à sœur Hélène si elle connait le Coran. « Oui, je le respecte comme je respecte la Bible, j’ai déjà lu plusieurs sourates, répond-elle au jeune homme. Et ce qui m’a frappé en particulier, ce sont les passages sur la paix. » Apparemment touché, son interlocuteur répond alors du tac au tac : « La paix, c’est ça qu’on veut. Quand vous passerez à la télévision, vous direz à vos gouvernants que tant qu’il y aura des bombes sur la Syrie, nous continuerons les attentats. Et il y en aura tous les jours. Quand vous arrêterez, nous arrêterons. » Sous la menace, Hélène opine. Après sa libération, elle rapportera le message au président François Hollande. « As-tu peur de mourir ? », enchaîne le tueur avec cruauté, ou peut-être avec curiosité.« Non », répond la sœur. « Pourquoi ? », questionne son locuteur. « Je crois en Dieu et je sais que je serai heureuse », lâche-t-elle.
Pensant que j’allais mourir, intérieurement j’ai offert ma vie à Dieu.
Pour ne pas flancher, Hélène prie intérieurement la Vierge Marie et dit aussi avoir pensé à Christian de Chergé, le prieur du monastère de Tibhirine. « J’ai toujours répondu calmement, pas plus qu’il n’en fallait, restitue-t-elle. Jamais contre ma pensée. Mais pas trop loin quand même. »Avec sœur Huguette, la conversation porte sur Jésus et le point de contestation qui existe entre musulmans et chrétiens. « Jésus ne peut pas être homme et Dieu. C’est vous qui avez tort », assène l’autre terroriste de 19 ans. « Peut-être, mais tant pis », rétorque alors la sœur au physique frêle. « Je ne voulais pas mettre de l’huile sur le feu et ne pas renier ce que je pensais,glisse-t-elle. Pensant que j’allais mourir, intérieurement j’ai offert ma vie à Dieu. »
Tandis que la police se dirige sur les lieux, les deux assassins se mettent à taper sur les bancs, font tomber les lumignons autour du tabernacle, tout en criant « Allah akbar ». « Visiblement, ils attendaient la police », soutient Hélène. Avant que les services d’ordre ne rentrent, ils tentent une sortie en prenant les trois femmes comme bouclier humain. « Mais ils ne se sont pas mis totalement derrière nous. À croire qu’ils allaient au devant de la mort », fait remarquer l’ancienne infirmière. « Moi j’ai bougé mon sac. La boucle métallique a fait un bruit. Le même qui m’a souri m’a alors dit : "Ne bougez pas. Restez là" », ajoute sœur Huguette. Entrée par la porte de la sacristie, la police tire. Les deux terroristes tombent. Monsieur et madame C. et les deux religieuses sortent libres mais traumatisés.
Deux jours après le drame, s’entremêlent les images cauchemardesques et les souvenirs liés à Jacques, qu’elles invitaient souvent à dîner et qui, en échange, leur rapportait des numéros de La Vie. Il était abonné. « C’était un homme accueillant qui avait du caractère et aimait la musique et les belles eucharisties, disent-elles. L’ordre devait régner sur la table de l’autel. Le tapis devait être placé parfaitement. » Danielle, qui n’a même pas eu le temps de penser à fêter son jubilé, de soupirer : « Ce sera difficile, quand on retournera dans l’église et qu’il faudra assurer les permanences dans son presbytère. » Elle poursuit en laissant apparaître sa colère« intérieure » : « C’est nous, mais c’est aussi tous les autres qui ont été visés. On ne peut pas accepter cette violence. C’est inacceptable. Ce ne sont pas de vrais musulmans. » « Je ne sais pas s’ils avaient conscience de leurs actes. Il ne faut pas chercher à comprendre », estime pour sa part sœur Hélène. Le drame ? « Cela passera comme le reste », espère cette dernière. D’une voix toujours douce, sœur Huguette rappelle surtout que « 2016 est l’année de la miséricorde ».
Mit einem Artikel von Jan Willmroth hat die Süddeutsche Zeitung (Wirtschaftsteil 30/31.7.16, 23) entdeckt, dass sich das Wirtschaftswachstum nicht nur in Deutschland, sondern auch in anderen Industrieländern schrecklich verlangsamt habe. Da wird der Ober-Ökonom Lawrence Summers zitiert, der von “saekularer Stagnation” spricht. Da wird beklagt, dass die Computerisierung des Lebens und der Wirtschaft nicht einen Produktivitätsschub bringe, wie ihn seinerzeit die Erfindung der Dampfmaschine und des Fliessbands bewirkt hätten.
Von dem rekordverdächtigen Produktivitätszuwachs um 4,1 Prozent 1977 sei die deutsche Wirtschaft auf mickrige 0,6 Prozent 2015 abgesackt. Natürlich spekuliert der Artikel über “Entwicklungen”, die angeblich “das Wachstum ausbremsen” und liegt damit voll im Trend des modischen Kultur-, Umwelt- und Globalpessimismus.
Dabei hätte ein bisschen Kopfrechnen zeigen können, dass die These von der Verlangsamung den Tatsachen widerspricht. Im Jahre 1977, auf voller Höhe des Wirtschaftswunders, erzielte Deutschland mit 4,3 Prozent Wachstum des Brutto-Inlandsprodukts von 13.000 US Dollar eine Zunahme des Pro-Kopf-Einkommens um 533 Dollar. Im Jahre 2016 wird Deutschland bei 55.000 Dollar BIP und einer Zunahme um 0.6 Prozent das Pro-Kopf-Einkommen (inflationsbereinigt) voraussichtlich um 330 Dollar steigern.
So weit zeitlich auseinanderliegende historische Daten überhaupt verglichen werden können, erweist sich die Differenz der Einkommenszuwächse als recht undramatisch: Der gegenwärtige Zuwachs entspricht 62 Prozent des Wertes von 1977. Da kann von Verlangsamung wohl kaum die Rede sein. Wie solide das deutsche Wachstum sich grafisch darbietet, hat der Internationale Währungsfonds in einer Zeitreihe gezeigt, die immerhin bis 1990 zurückreicht.
-- ed
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Die Kochnische der Isabella Gattara
Dies ist kein Kochbuch, sondern eine Reihe von Tipps fĂŒr Leute (die kochen können), wie man sich trotz Verzichts auf Fleisch und GeflĂŒgel (aber nicht Fisch*) genussreich ernĂ€hren kann. Grundlage ist simple Hausfrauenkost ohne modische AnsprĂŒche, ohne Gesundheitswahn, weitgehend ohne Bio-Produkte, mit wenig Tiefgefrorenem, ohne BĂŒchsen-Konserven, ohne Zucker. Hauptlieferanten sind Discounter, weil deren GemĂŒse, Salate und nicht gefrorenen Fischwaren wegen des grossen Umsatzes meist frischer sind als die der SupermĂ€rkte. Wo sinnvoll, wird eine Quelle angegeben, natĂŒrlich ohne GewĂ€hr â Sortimente Ă€ndern sich laufend. No product placement! Die meisten Rezepte sind von der schnellen Sorte fĂŒr Leute, die nur eine Stunde oder 90 Minuten Zeit haben, um eine ganze Mahlzeit zuzubereiten.
A = Aldi SĂŒd L = Lidl K = Kaufland N = Norma I = Italien-Importeur (Wo kein Importeur in der NĂ€he ist, gibt es vielleicht passendes bei Amazon)
Pescetarianism or pescatarianism is the practice of adhering to a diet that incorporates seafood ... Etymology[edit]. Pescetarian is a neologism formed as a portmanteau of the Italian word pesce ("fish") and the English word vegetarian
Pescetarismus ist eine ErnÀhrungsweise, bei der auf den Verzehr von Fleisch, nicht jedoch auf Fisch verzichtet wird. Einige Pescetarier essen Krebs- und Weichtiere. Wikipedia
Noch ein Wort zuvor:
Die italienische KĂŒche
Italien wurde 1861 politisch geeinigt durch Giuseppe Garibaldi. Sprachlich wurde es nach 1954 durch das RAI-Fernsehen erst wirklich geeinigt. Kulinarisch erfolgte Italiens Einigung 1891 durch das epochale Kochbuch des Pellegrino Artusi, das bis heute geliebt und gedruckt wird. Der Artusi ist immer noch das Nachschlagewerk der italienischen KĂŒche schlechthin. Francesca Alliata Bronner meint dazu:
Pellegrino Artusi infatti con il suo ricettario, La Scienza in cucina e l'arte di mangiar bene, presente in quasi tutte le famiglie italiane e tradotto in tante lingue, realizza e aggrega una cucina nazionale che raccoglie e sintetizza le tante tradizioni locali, ricomposte in un mosaico che non appiattisce ma esalta le diversitĂ . Il manuale artusiano, che ha viaggiato nelle valigie degli emigrati, Ăš stato tradotto in tutto il mondo per un duplice ordine di motivi: per chi vuole conservare le proprie tradizioni e per chi ama conoscere la cultura italiana.
Pellegrino Artusi hat mit seinem Kochbuch "La Scienza in cucina e l'arte di mangiar bene" (Die Wissenschaft in der KĂŒche und die Kunst, gut zu essen), das in fast jedem italienischen Haushalt zu finden ist und in viele Sprachen ĂŒbersetzt wurde, eine nationale KĂŒche geschaffen, die die vielen lokalen Traditionen sammelt und in einem Mosaik zusammensetzt, das die Vielfalt nicht verflacht, sondern hervorhebt. Das artusianische Kochbuch, das in den Koffern der Auswanderer reiste, wurde aus zwei GrĂŒnden in der ganzen Welt ĂŒbersetzt: fĂŒr diejenigen, die ihre italienschen Traditionen bewahren wollen, und fĂŒr diejenigen, die gerne etwas ĂŒber italienische Kultur erfahren möchten.
Photo: aurhor
Warum vor allem Rezepte aus Rom?
Die Römer KĂŒche ist eine Arme-Leute-KĂŒche, denn die PĂ€pste achteten bei ihren Untertanen auf Armut und Frömmigkeit. WĂ€hrend sich in anderen Provinzen Italiens im 18. und 19. Jahrhundert Wohlstand einstellte und sich die KĂŒche entwickelte, blieben Roms Speisen vornehmlich vegetarisch. Fleisch war zu teuer: wenn ĂŒberhaupt, dann musste man sich mit Eingeweiden (Kutteln, Lammdarm usw.) und Fisch begnĂŒgen. Deswegen ist Roms Kochkultur noch immer reich an vegetarischen Gerichten. Ich beschrĂ€nke mich auf besondere Gerichte und meide Allerweltsrezepte, wie sie die Speisekarten der Trattorien bevölkern.
What ingredients does an Italian cook or chef always have in their kitchen?
Galasso: That's easy! Extra virgin olive oil (cold pressed, of course), salted capers and anchovies in oil to add that salty twist to any dish, tomato puree to improvise that luscious sauce......
Welche Zutaten hat ein italienischer Koch oder KĂŒchenchef immer in seiner KĂŒche?
Galasso: Das ist ganz einfach! Natives Olivenöl extra (natĂŒrlich kaltgepresst), gesalzene Kapern und Sardellen in Ăl, um jedem Gericht eine salzige Note zu verleihen, TomatenpĂŒree, um eine leckere Sauce zu improvisieren......